Sui binari del tempo: la ferrovia Noto-Pachino
Il ripristino delle ferrovie del passato per il turismo del futuro
Grazie ai fondi del Ministero della Cultura, nell’ambito degli interventi previsti dal PNRR, Fondazione FS Italiane tramite Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS) ha dato il via ai cantieri per il ripristino di alcune ferrovie storiche dismesse da molti decenni, la Gioia del Colle-Altamura-Rocchetta SAL in Puglia e in Sicilia la Alcantara-Randazzo (CT) e la Noto-Pachino. Per i viaggiatori sarà così possibile scoprire dal finestrino di un treno scorci panoramici rimasti per anni inesplorati.
La ferrovia Noto-Pachino, lunga 27,5 km, fa parte di un più ampio asse ferroviario voluto dalla Società per le strade ferrate della Sicilia messo in funzione nel lontano 1886. Il nobile desiderio di allora era quello di mettere l’area sud orientale più estrema della Sicilia in comunicazione con il porto di Siracusa e di conseguenza con quello di Catania, per favorire il mercato ed il commercio dei prodotti agricoli, vinicoli e pescherecci, che in parte in antico, avvenivano via mare, in prospettiva di un più ampio orizzonte di commerci con il resto dell’Italia e del mondo. Questo progetto iniziale doveva favorire la rinascita e lo sviluppo economico e sociale di tutta l’area in questione. Purtroppo il progetto non venne realizzato per intero ma a tratti e lo stop della prima guerra mondiale e la crisi economica del ’29, consequenziale alla fine della guerra, non permisero la rapida realizzazione del progetto. Il tratto dell’esercizio ferroviario Noto-Pachino fu inaugurato solo nel 1935, ridotto notevolmente negli anni ‘50 e sospeso definitivamente all’esercizio il 1° gennaio 1986. Prima di allora le comunicazioni tra Noto e Pachino avvenivano tramite trazione animale o “una polverosissima corriera” come viene menzionata nell’epistolario di Paolo Orsi quando si trovò a venire nelle parti di Pachino.
Dopo 37 anni dalla chiusura, finalmente il 17 dicembre 2022, la rinomata “Ferrovia del vino” è stata inaugurata, per uso turistico, per un tratto di circa 2 Km nell’attesa della riattivazione completa, previsto per il 2025. La ferrovia collegherà così nuovamente la splendida capitale del Barocco, Noto, con Pachino, la stazione più meridionale della Penisola. Il percorso di circa 20 km attraversa luoghi unici, tra il mare e la macchia mediterranea, lambendo l’area archeologica dell’antica città greca di Eloro, le sue mura urbane, datate da Paolo Orsi al V secolo a.C. e successivamente attribuite invece al VI secolo a.C., la Villa romana del Tellaro con i suoi mosaici datati attorno al IV secolo d.C.
Prosegue più a sud costeggiando, lungo tutto il perimetro ovest, la Riserva naturale e l’Oasi faunistica di Vendicari, al cui interno, oltre la splendida fauna selvatica stanziale e migratoria, vi sostano numerose specie di uccelli: i trampolieri, gli aironi cinerini, le cicogne, i fenicotteri e, inoltre, il germano reale, i gabbiani, i cormorani e il cavaliere d'Italia che fa tappa qui nel suo viaggio dal deserto del Sahara ai luoghi di nidificazione nel nord Europa.
Numerose anche in questo tratto le testimonianze archeologiche. La prima di queste in ordine topografico è costituita dalle latomie a sud di Eloro, cave di pietra del V sec. a.C., utilizzate per la costruzione dei templi e dei monumenti dell’antica città greca. Proseguendo verso sud, la Torre Sveva in riva al mare, vicino alla Tonnara di Vendicari e le vasche per la lavorazione del tonno.
Ed ancora la Trigona della Cittadella dei Maccari di età bizantina che, come tutte le chiese dell’epoca, è a pianta quadrata con tre absidi, una cupola superiore e un’apertura a oriente. A poca distanza vi sono diverse catacombe risalenti allo stesso periodo ed alcuni resti di abitazioni, segno di un’area densamente popolata. Ancora oltre, appena fuori la riserva ma sempre lungo il tracciato ferrato si trova il cosiddetto “Complesso di San Lorenzo Vecchio”, costituito da una corte quadrata attorno alla quale si articolano, anche sovrapponendosi, fabbricati appartenenti a epoche diverse, e oggi inglobato in una masseria settecentesca in forte stato di abbandono. Nel lato settentrionale della struttura, si trovano i resti di una cella di un tempio greco e, in diretto collegamento, una Tricora (o Trichora) bizantina, sovrastata dall’edificio settecentesco stesso.
Proseguendo, la ferrovia incontra la stazione del borgo di Marzamemi e poco oltre, si trova l’area archeologica delle contrade Cugni-Calafarina-Morghella, nel territorio del comune di Pachino.
Con molta probabilità questo luogo dovrebbe essere l’originario sito di Pachys, il primo insediamento abitato nel territorio pachinese. Il sito archeologico è conosciuto per la sua vasta Necropoli rupestre formata da tombe a grotticella, scavate nella roccia, di epoca Castellucciana. Appena sopra l’area della necropoli si trova il villaggio preistorico che, a partire dal neolitico si protrae fino alla prima età del bronzo. Probabilmente c’è anche un abitato che continua fino all’età tardo classica ancora da studiare.
In prossimità dell’area archeologica si trova una fabbrica delle ferrovie e, come specificato all’inaugurazione della riapertura del tratto ferroviario, tutti i locali e le fermate ricadenti su di esso, verranno ristrutturati ed adibiti a luoghi di sosta, di ristoro e di promozione del territorio e potrebbe quindi, essere la naturale stazione di sosta per far visitare l’area archeologica ai turisti.
Infine, la Stazione di Pachino, capolinea della linea ferroviaria, consiste in un fabbricato principale in classico stile ferroviario italiano, senza pensilina. L’edificio è di tipo a corpo centrale unico, a due elevazioni e cinque luci, un piano terra per servizi ed un primo piano per alloggi. Possiede una piattaforma girevole, una torre dell’acqua per il rifornimento di locomotive a vapore, una sagoma limite per il controllo del carico dei carri merci e alcune costruzioni accessorie di servizio. Anche quest’ultima si trova non lontano dalla contrada Cugni di Calafarina.
È chiaro che l’opera di ripristino e la suddetta inaugurazione, seppur di un breve tratto, rappresentano per l’intera comunità civile un primo passo verso quella apertura di ampio respiro e di valorizzazione del territorio che purtroppo negli ultimi decenni è passata nel dimenticatoio più assoluto. La stazione di Pachino fu molto importante per i pachinesi perché essendo un ramo “morto” della ferrovia a sud di Noto, rappresentava per essi, soprattutto per i migranti, il primo modo per lasciare il paese. Questo significativo aspetto aggiunge un grande valore simbolico al progetto.
Gli amministratori locali, quindi, si facciano carico di riportare alla luce quei segni del passato che hanno fatto la storia e che nel bene e nel male l’hanno segnata.
Giovanni Assenza