Escursione a Piazza Armerina e Gela
Un percorso a ritroso alla ricerca delle radici
Il gruppo Archeologico Capo Pachino ha organizzato la sua prima escursione al di fuori del territorio di Pachino nei giorni 8 e 9 dicembre.
La scelta delle mete non è stata casuale: nel primo caso, Piazza Armerina, si voleva ricambiare la prima visita che il neo-nato gruppo archeologico pachinese aveva ricevuto dal gruppo archeologico “Litterio Villari” di Piazza Armerina lo scorso 2 giugno 2023 e, inoltre, rimarcare lo stretto legame esistente con la città di Piazza Armerina, da cui provengono Vincenzo e Gaetano Starrabba, primi fondatori della città di Pachino nella seconda metà del Settecento.
Nel secondo caso, Gela, colonia rodio-cretese fondata intorno al 689/688 a.C., presso la foce dell’omonimo fiume e al centro di un ampio golfo, costituiva nei secoli VII-IV a.C. un approdo importantissimo lungo l’itinerario costiero che aveva Capo Pachino come punto di snodo. La stessa vicenda dei Dinomenidi passati da Gela a Siracusa ed arrivati a controllare la Sicilia sudorientale, rende ragione di questa ottica di controllo sia dei centri urbani costieri che del fertile entroterra di Gela, Camarina, Eloro e Siracusa.
L’organizzazione dell’itinerario è stata una sorta di percorso à rebours, ossia a ritroso, alla ricerca delle proprie radici e dei legami che si intrecciano tra i diversi siti della Sicilia sin dall’antichità. Nonostante le previsioni meteo non ottimali nei giorni del ponte dell’Immacolata, le visite programmate si sono potute svolgere con relativa tranquillità.
A Piazza Armerina siamo stati accolti calorosamente da Ugo Adamo, genius loci e memoria storica della città e del suo ricco comprensorio. Grazie alla sua esperta guida, facendoci strada tra campi di fichi d’India e capanni per l’allevamento di pollame, abbiamo effettuato la visita del sito di Sofiana.
L’insediamento, dove si stanno svolgendo periodiche campagne di scavo, si è sviluppato in una posizione strategica: all’imbocco della fertile piana di Gela, da una parte, e lungo la strada Catania-Agrigento, di cui era un punto di sosta importante, una specie di autogrill con annesso centro commerciale dell’antichità.
Gli scavi hanno messo in luce due momenti edilizi principali, come ci ha spiegato Ugo Adamo, il primo riferibile alla prima età imperiale, il secondo databile al IV secolo dC. (periodo quest’ultimo, in cui si data la fase monumentale della vicina villa del Casale), ma l’abitato continua a vivere fino all’età federiciana (XIII sec.).
Gli edifici di maggiore importanza riportati in luce dagli scavi sono un impianto termale, dotato di tutti i comfort (bagni caldi, freddi e la piccola sauna) del IV sec. d.C., costruito su un precedente edificio termale del I sec. d.C., ed i resti di una villa a peristilio della prima età imperiale.
Molto suggestiva la basilica paleocristiana a sud dell’abitato: interessante è la presenza di tombe realizzate come piccole camerette sepolcrali nelle navatelle.
Il gruppo ha poi goduto di un momento conviviale a Piazza Armerina dove ha avuto occasione di ringraziare e salutare la nostra guida Ugo Adamo.
In serata ci siamo trasferiti a Gela mentre il tempo, come da previsione meteo, è peggiorato: la pioggia serale ci ha impedito di fare la passeggiata nel lunghissimo corso Vittorio Emanuele, spina dorsale della città. Ci siamo sistemati nell’hotel Sole sul lungomare, a poca distanza sia dal cd. Bosco Littorio, dove è stato trovato l’emporion della città greca, sia della soprastante acropoli Molino a Vento.
Le luci natalizie che addobbano l’hotel ed i locali del lungomare fanno da contrasto con la serata piovosa; nonostante il cattivo tempo, una parte di noi si è diretta nella storica rosticceria La Brace per degustare le specialità del posto, tra cui le caratteristiche pizze a taglio gelesi, variante della cosiddetta “scacciata ‘ca sarda”, cosparse di uovo sbattuto e acciughe.
L’indomani, come da programma, abbiamo visitato le cd. mura timoleontee, site nel quartiere di Caposoprano, all’estremità opposta della collina sulla quale sorge Gela. Costruite tra la fine del IV e gli inizi del secolo successivo costituiscono un unicum assoluto tra le fortificazioni greche, in quanto la parte superiore delle mura è stata realizzata in mattoni crudi. Qui ci hanno accolto un giornalista ed un cameraman che hanno intervistato noi ed il nostro anfitrione, Giuseppe La Spina, del gruppo archeologico “Geloi”. L'intervista è stata pubblicata sul Quotidiano di Gela e su YouTube.
Giuseppe La Spina ci ha illustrato le recenti interessantissime scoperte: proprio a ridosso della cinta muraria, grazie ad una sua fortunata intuizione, sono venute alla luce delle abitazioni interamente realizzate in mattoni crudi, su zoccoli in pietra, e rivestite di pisé, un caratteristico impasto di malta di terra ed altro materiale, come il pietrisco.
La cosa caratteristica che balza subito all’occhio è il diverso orientamento delle strutture portate alla luce rispetto alla cinta muraria, cosa che fa sospettare che le mura siano state realizzate in un momento successivo. Giuseppe La Spina ed il gruppo coinvolto nelle campagne di scavo stanno verificando l’ipotesi che questa area abitata continuò ad essere occupata anche dopo che gli abitanti abbandonarono la città devastata dai Mamertini nel 282 a.C. ed andarono a fondare la nuova città di Finziade (Licata).
Dopo il parco delle mura, il gruppo ha visitato i cd. bagni greci, sempre nel quartiere di Caposoprano, un vero e proprio impianto termale, databile anch’esso all’età timoleontea, con vasche del tipo a semicupi realizzate in terracotta ed almeno un ambiente riscaldato con pavimento rialzato per il passaggio dell’aria calda. Dispiace vedere lo stato di abbandono e di degrado del complesso, non immediatamente fruibile, dato che è incluso all’interno di una casa di cura per anziani (già Ospizio per mendicità): le condotte in terracotta in parte rovinate e invase dalla vegetazione, l’area coperta da una struttura ormai datata e precaria, sbiadito e praticamente illeggibile il pannello illustrativo.
Il pranzo su un locale del lungomare (L’Ancora) ci ha riservato il piacere di ristorarci (e riscaldarci dopo la mattina ventosa) davanti ad un mare finalmente illuminato dal sole. È il momento di apprezzare l’opera di recupero e di valorizzazione di questa area di Gela che, grazie a lavori recenti, consente di accedere direttamente all’ampia spiaggia sabbiosa che in tempi più lontani, prima della costruzione dell’impianto del petrolchimico, aveva attirato il turismo balneare nella città.
Francesca Trapani