Gruppo Archeologico
Capo Pachino

Sulle tracce del Gattopardo

Ficarra

Lungo la costa tirrenica, la cosiddetta Costa Saracena, tra Gioiosa Marea e Capo d’Orlando, la pianura si contende gli spazi col mare, da una parte, e con le montagne dei Nebrodi dall’altra, ed è proprio su una di queste alture che sorge il piccolo paese di Ficarra a circa 450 m di altezza, 1300 abitanti alloggiati in quiete casette disposte lungo stradine dedaliche che si avvolgono sui versanti della montagna. Le strade sono troppo strette per i moderni SUV e qui si vedono scorrazzare rampanti panda young o panda 4x4 vecchie di almeno vent’anni.

Il soldato tedesco

All’ingresso del paese, su una stretta aiuola, si intravede un singolare monumento: la statua di un soldato riverso a terra, il ventre squarciato, di lato un elmetto tedesco della seconda guerra mondiale, ai suoi piedi sorge un ulivo secolare dai tronchi ritorti.

L’opera, realizzata nel 2017 dallo scultore Mario Roberto Valenti, ricorda un soldato tedesco ucciso nell’estate del 1943 durante la ritirata delle truppe tedesche e che, per l’infuriare degli scontri, era rimasto per giorni praticamente privo di sepoltura ai piedi di un ulivo.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, sfollato a Ficarra assieme alla madre dopo la distruzione del suo palazzo a Palermo, seppe del soldato morto e ne fu tanto impressionato da riprodurne la scena all’inizio del suo romanzo:

“Ricordava il ribrezzo che le zaffate dolciastre avevano diffuso in tutta la villa prima che ne venisse rimossa la causa: il cadavere di un giovane soldato del 5° Battaglione che ferito nella zuffa di S.Lorenzo contro le squadre dei ribelli era venuto a morire, solo, sotto un albero di limone.”
(G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)

La casa-museo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Ecco il primo incontro con Tomasi di Lampedusa e la sua opera: poco dopo, grazie alla nostra preziosa guida, la dott.ssa Stefania Bonifacio dell’Associazione culturale “L’Elefantino”, entriamo in una casa costruita nel XIX secolo che ospitò lo scrittore proprio durante la guerra, nel 1943. Qui, grazie all’opera della dott.ssa Bonifacio e del marito, è in allestimento una casa-museo che raccoglie le memorie dello scrittore ma anche del celebre film che Luchino Visconti trasse dal libro nel 1963.

La fortezza Carceraria e il Museo dei giochi e del giocattolo medievale

Guidati dalla dott.ssa Bonifacio, saliamo per le stradine ritorte fino ad una delle cime del paese verso la fortezza carceraria. Lungo la strada troviamo cose insolite, come un forno a cupola sospeso sul muro di una casa e aggettante come l’abside di una chiesa.

La fortezza, di cui si ha notizia già a partire dal XII secolo, sorse a scopo difensivo, forse preceduta da una fortificazione di epoca araba. Nel XVIII secolo fu trasformata in fortezza carceraria, come testimoniato dalle basse porte, le aperture a doppie inferriate, come si vede dagli incassi sugli stipiti esterni, e le anguste celle coperte da volta a botte, talmente basse che non era possibile stare in piedi. Interessante è il sistema di raccolta delle acque piovane tramite grondaie disposte ai quattro vertici del cortile centrale e raccolta in una cisterna al centro.

La fortezza ospita oggi uno dei più originali ed interessanti allestimenti museali dell’Isola: il “Museo dei giochi e del giocattolo medievale” che riproduce fedelmente le tavole dei giorni del Libro de los juegos scritto nella seconda metà del 1200 dal re Alfonso X di Castiglia. L’esposizione, distribuita in 7 sale, raccoglie scacchiere, scacchiere aumentate (da 10 e 12 caselle per lato), varianti insolite degli scacchi, come le tavole delle quattro stagioni (con quattro giocatori) o varianti astronomiche-astrologiche degli scacchi. Le illustrazioni dell’opera di Alfonso X da cui sono riprodotti i giochi rievocano un mondo di corte medievale dove il gioco era non solo un momento di svago, ma anche un percorso educativo di raffinamento morale ed intellettuale.

Francesca Trapani